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Un Patto Territoriale per rafforzare l'identità della Val Rendena

Con l’intento di dare seguito al dibattito in corso, incentrato sul turismo, sul ruolo che riveste nel tessuto socio economico, sulla sua evoluzione e sulla sua crisi, sono a riproporre alcune mie riflessioni riguardanti questo argomento, che ancora oggi qualcuno si ostina a definire impropriamente “fenomeno turistico” ed a considerarlo, in virtù della sua appartenenza al settore terziario, quale elemento marginale.Intervengo nel dibattito nella mia duplice veste: di amministratore di una delle zone più importanti del Trentino turistico (4.500.000 di presenze del Comune di Pinzolo) e di ex addetto ai lavori quale direttore per oltre 20 anni della struttura pubblica di indirizzo turistico prima A.A.S.e T. poi A.P.T.

 

Obiettivo di questo mio intervento è:

  • Evidenziare l’incongruenza di chi si permette ancora di vivere il rapporto con uno dei settori principali della sua economia, con estemporaneità, quell’estemporaneità che accomuna tutti i pregi e le tante limitazioni, che contraddistinguono la crescita spontanea non pianificata del territorio, la gestione individuale e non collettiva e programmata dei servizi.

  • Indirizzare le riflessioni sulle cause, quelle cause che fanno venire meno il rapporto prezzo-qualità.

 

L’endemica situazione e le negative conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: manchiamo di strategie per raccordarci con il mercato. Se vogliamo che questo nostro Trentino sia un’area turistica di qualità dobbiamo dotarci di quelle strutture specifiche, che, attraverso un’approfondita analisi, si dimostrino vocazionali e portanti per le scelte turistiche di area, al fine di concretizzare quei “turismi di nicchia” che il Trentino può proporre, vuoi per vocazione o per situazioni precostituite da scelte, investimenti, mentalità ecc.

 

Possiamo anche condividere l’affermazione di chi, con una visione romantica ed apprezzabilissima, anche se fuori dal tempo, dice che “la montagna ha perso la sua anima”, ma ciò è un elemento riconducibile più alla cultura, alla mentalità, alla sensibilità e alla predisposizione individuale, elementi che la maggior parte delle volte risultano lontani dalle logiche economiche e di mercato. Possiamo rimpiangere, oggi alla luce del benessere che ci contraddistingue, quella montagna, zaino in spalla e scarponi con le suole vibram. Ma non possiamo dimenticare che c’era anche la miseria, quella miseria dura, avvilente, mortificante, che spingeva la nostra gente al sacrificio dell’emigrazione.

 

Fatte queste premesse, è necessario oggi prendere atto del processo di trasformazione sul versante della domanda che ci porta a confrontarci con un potenziale cliente più maturo, attento ai valori ambientali ma anche, sempre più, alla ricerca di un rapporto di qualità dei vari servizi, che caratterizzano l’offerta turistica.

 

Quindi, seppur con l’impegno di far convivere visioni diverse, se vogliamo vivere di turismo, dobbiamo, in primo luogo, rendere godibile e fruibile il territorio migliorando la viabilità primaria e secondaria, pedonalizzando i centri urbani e togliendo parte di quelle assurde normative che tendono ad ingabbiare l’ospite che frequenta la nostra zona con non poche mortificazioni a suo carico (la normativa riguardante la raccolta dei funghi è un vero e proprio sopruso).

 

Prendiamo atto che, con il venir meno delle barriere che tradizionalmente limitavano il nostro raggio d’azione, sia a livello concettuale che operativo, ci troviamo ancora una volta impreparati a ragionare ed agire in termini di unitarietà, sia di area, che di offerta, ma anche di categorie di operatori e di comparti imprenditoriali e politici.

 

La globalizzazione dei mercati, con la soppressione delle frontiere, congiuntamente a quegli elementi che fungevano da deterrenti quali il prezzo, la distanza, la diffidenza all’uso di determinati mezzi di trasporto, la non conoscenza delle lingue straniere ed il maggior “appeal” della vacanza all’estero ci obbligano a dover prendere atto che anche l’offerta turistica si confronta in un contesto di “globalizzazione mondiale”, e mentre tutti gli altri corrono, noi siamo fermi, fermi sulle nostre riflessioni, sulle nostre non scelte, sulle nostre non decisioni. Con la conseguenza che ci troviamo con un’offerta turistica che sta, stagione per stagione, perdendo di incisività e quindi di gradimento. Un’offerta, caratterizzata da anziani, brache alla zuava, cori di montagna, grappe, grappini ecc., che seppur meritoria e custode di valori importanti oggi non basta più per reggere il confronto con altre decisamente più accattivanti ed in linea con le mutate esigenze del mercato.

 

Condivido le analisi di chi dice che questa fase evolutiva ci porterà ad un vero e proprio ridimensionamento del nostro abituale rapporto di spesa e trovo altrettanto scontato, in un’economia moderna, il concetto che il turismo debba essere organizzato come una grossa azienda che vende prodotti e servizi tutti strettamente collegati: un’azienda globale, che deve avere, oltre all’autorità, l’autorevolezza per svolgere il suo ruolo, con il suo management in grado di individuare le evoluzioni del medio e lungo periodo e di orientare gli investimenti, sia del pubblico che del privato, e soprattutto, di metterci nelle condizioni di influenzare il mercato turistico anziché subirlo.

 

Prendiamo atto che non possiamo sopravvivere senza turismo e dobbiamo quindi trovare un giusto equilibrio ed una nuova impostazione, non solo nel campo delle strategie e dei metodi di approccio al mercato, ma soprattutto tra persone e persone e tra uomo e territorio, dato che l’opzione, per un certo tipo di sviluppo e già stata fatta, quantomeno per alcune zone, ed è ora assai difficile riconvertire questa economia. Si può però lavorare per migliorarla e improntarla a nuove logiche più rispettose dell’ambiente, ma anche della qualità di vita di chi vi abita e vi soggiorna.

 

Dobbiamo uscire dall’empirismo e dall’individualismo per arrivare a strategie operative su cui far convergere tutti i soggetti che in un razionale progetto di sviluppo turistico devono ritrovarsi ed operare con unità di intenti.

 

Per questo, dobbiamo tutti impegnarci a tenere costantemente alto il livello del dibattito, per favorire le conseguenti determinazioni, dato che da questo settore dipende la nostra economia ed il nostro futuro.

 

 

Mauro Mancina  

 

Pinzolo giugno 1987

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